In questa situazione cosa aiuta a far convivere lavoro e famiglia?

MeshArea Call #2

In questa situazione  cosa aiuta a far convivere lavoro e famiglia?

Unbalanced: sbilanciata. Paolo usa questo termine per definire la sua vita, soprattutto di questi tempi dove i suoi piani sono stati stravolti da un quinto figlio in arrivo e successivamente dall’avvento dell’epidemia di Covid-19. 

Sorprende perché è un inizio provocatorio per un incontro dove a tema c’è l’attuale equilibrio tra vita privata e lavoro, un elemento sempre più importante per un datore di lavoro nel 2020, sempre più ricercato dal neo-laureato di oggi, una postilla sempre più frequente in calce ad un contratto, tanto importante che qualcuno è disposto a rinunciare a qualche punto percentuale di super-minimo pur di negoziare la sua dose di work-life balance. “Dopo tutto - afferma Teresa, citando il De Tranquillitate Animi di Seneca - quello della ricerca della pace, della serenità, di un’esistenza equilibrata, è un desiderio nobile che contraddistingue ogni uomo adulto”.

Il dialogo con Paolo, manager in Finlombarda, e sua moglie Teresa, insegnante di lettere presso un noto liceo milanese, è stato sorprendente, non convenzionale, differente da quanto visto sino ad oggi a MeshArea. Non abbiamo parlato di come un’azienda dovrebbe favorire questo equilibrio tra vita privata e lavoro, di quale strategia o policy applicare. Abbiamo assistito ad uno squarcio sulla vita di una famiglia italiana come tante altre, alle prese con le proprie responsabilità di professionisti e di genitori, una testimonianza di vita reale con cui paragonarsi per poter affrontare un periodo così tosto.

L’idea era quella di chiedere a Paolo e Teresa di raccontarci come stanno affrontando queste settimane di reclusione in casa dove vita privata e lavorativa perdono i consueti confini spazio-temporali. Il risultato? Siamo stati travolti dalla loro positività e dalla contagiosa ironia con cui affrontano tutto.

Paolo e Teresa non hanno formule da offrire, ma un’esperienza di amicizie da condividere. Rapporti con persone che nel tempo li hanno fatti crescere. “Capire veramente cosa voglia dire l’equilibrio vita-lavoro per me significa innanzitutto capire dove pesco i criteri per poter mettere in ordine la mia vita”. Paolo parla di condivisione con Teresa e con i loro amici. “Una comunione, una vita insieme che aiuta ad affrontare tutto, a prendere certe scelte, a giudicare certe situazioni lavorative”. Un confronto costante che esce dall’autoreferenzialità del “faccio tutto io”. “Anche in “tempo non Covid” è per me sempre di grandissimo aiuto frequentare amici a pranzo durante il lavoro, o durante la settimana. Cerco sempre di dedicare del tempo e dello spazio all’incontro con qualcuno di amico che possa veramente aiutarmi ad uscire da certe dinamiche in cui tante volte anche il mondo lavorativo ci vuole dentro, incardinati”. 

Paolo parla della compagnia di amici che lo aiutano a guardarsi non secondo i criteri del successo personale ma ad affrontare la vita in tutti i suoi aspetti più concreti. “Occorrono amici che ti guardino come tu non sei capace e che ti dicano che tu vali, a prescindere dai tuoi risultati”. E probabilmente Paolo pensa a questa trama di rapporti di amicizia quando accenna, in due punti, ad alcuni criteri con cui sta affrontando le sue giornate di reclusione a casa. 

Il primo. Age quod agis, fai quello che stai facendo, dicevano i latini. Cioè impegnati in quello che stai facendo ora, perché la vita è una e avviene adesso: “Quindi questo “age quod agis” è quello che secondo me tiene la vita unita - afferma Paolo - magari non bilanciata, ma unita. Perché non esiste una vita sociale, una vita famigliare, una vita lavorativa, una vita ecclesiastica. La vita è una perché io sono uno nell’affrontare i diversi ambiti. E tutti chiedono che io li affronti per come sono io”. Gli fa eco Teresa quando parla del fare quello che possiamo, cioè affrontare tutto con realismo e “scegliendo le battaglie essenziali da combattere”, scoprendo nel tempo che questo rende comunque la vita meravigliosa perché: ”Ogni tanto professionalmente sono riuscita a fare poco, ho studiato meno di quanto avrei voluto, ho studiato molto meno di colleghi più colti di me, ho messo in piedi meno progetti didattici, però magari ho imparato altre cose: ho imparato a chiedere di più, ho imparato a lavorare più in team con altri insegnanti, ho imparato ad essere umile, che è una bella virtù. E poi in tante cose sono migliorata, sono diventata più veloce a sbrigare alcune faccende, ho imparato di più la preziosità del tempo, la resistenza dello studio in notturna. Tutto questo in verità mi ha permesso di scoprire che facendo quel che si può, tutto quello che si può, piano piano si scopre che tutto quello che si può è anche ciò di cui c’è bisogno”.

Il secondo. Darsi un ordine, un'igiene, un tempo e un peso giusto alle cose, cioè darsi il tempo necessario per farle: “per esempio in questo momento per me significa alzarmi molto presto per poter lavorare e non avere distrazioni, non avere casino e riuscire a lavorare. Magari lavorare sulle code della giornata. Significa vestirsi quando ci si sveglia, mettersi davanti al computer dandosi una dignità. Vuol dire che la casa non deve essere sporca. Vuol dire un’igiene anche nell’accesso alle informazioni.”

Infine, Teresa chiude e provoca con una bellissima lode all’ironia. “L’ironia è sacra – afferma con fermezza – ristabilisce la distanza con le cose, permettendoti di vederle meglio, di metterle più a fuoco. Ci vuole un sacco di ironia, in questo periodo, per guardarsi in famiglia. E soprattutto per guardare sé stessi”. Perché l’avvento del virus ha smascherato tanto di noi, in un certo senso abbiamo infatti dovuto fare più spesso i conti con noi stessi in queste settimane di isolamento forzato. “L’altra sera – continua Teresa – mi ha colpito che durante la cena eravamo molto stanchi e dunque io e Paolo siamo stati un po’ pesanti con i bambini...Allora mi sono un po’ lamentata dicendo a mio marito che dovremmo essere più bravi, dovremmo avere avere più pazienza con i bambini. Paolo mi ha detto: Tere, se anche non ci riuscissimo, noi la nostra buona battaglia l’abbiamo fatta lo stesso”.

E’ veramente difficile racchiudere in poche righe la ricchezza emersa durante l’incontro, anche grazie alle numerose domande emerse dai partecipanti. Vi invitiamo ad ascoltare la registrazione lasciandovi provocare da quanto sentirete perché riteniamo possa proporvi un’esperienza con cui paragonarsi per poter continuare a vivere all’altezza delle nostre aspettative, anche durante questa Fase 2 appena iniziata.


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